Venerdì, 29 Marzo 2024    
Rome-le-Chateâu



4. La magia è nel centro

Ho notato che quasi tutti gli autori che ci hanno spiegato gli inesplicabili scritti della Porta Alchemica, hanno tradotto la frase: CENTRUM IN TRIGONO CENTRI con "il centro è nel triangolo del centro". In latino, differentemente dall'italiano, quello che conta non è la posizione delle parole, ma la loro desinenza. Per questo a me piace tradurla, e nessuno può grammaticalmente obiettare, con "il centro del centro è nel triangolo".

Questo, chiaramente, non mi apre nessun nuovo orizzonte e non mi svela nessuna arcana conoscenza, però mi rassicura sull' immobile ambiguità di quest'opera. Ognuna delle sue numerose scritte può essere letta in vari modi. L'impenetrabilità dell'insieme le fa meritare il nome di Porta Ermetica.

E, visto che parliamo di centri, posso confermare che la Porta Magica è nel centro di Roma.



La porta magica com'è oggi e come doveva apparire ai primi del Novecento

Sorge nel giardino pubblico di Piazza Vittorio, nascosta dai ruderi di Villa Palombara. Le è cresciuto intorno un grande mercato, popolato da molte razze, in quella che è la zona più cosmopolita di Roma.



I ruderi di villa Palombara



Il Bosco Parrasio nel 1726

La Villa del Marchese Massimiliano di Palombara sorgeva sull'Esquilino, a metà strada su una lunga direttrice che congiunge due delle sette Basiliche Giubilari: Santa Maria Maggiore e Santa Croce. La porta era una delle entrate al Bosco Parrasio, all'interno del quale si riunivano gli Arcadi, i membri di quella cerchia ermetica di letterati ed alchimisti che fu l'Accademia d'Arcadia fondata da Cristina di Svezia.



La planimetria di Villa Palombara con l'ubicazione della Porta Magica

Le entrate di Villa Palombara erano tre, ma qualcuno romanticamente asserisce che quella che ci è giunta sia l’unica superstite di sette porte simili (le porte alla Conoscenza sono sempre sette, ) che si aprivano sul magico Orto delle Esperidi: l’Hortus Conclusus all’interno del quale, volendo ignobilmente semplificare, l'Uomo conosce Dio attraverso la Natura

Perchè ne parliamo? Ma chiaramente per il famoso Ex Libris di Berenger Sauniere, tratto dal frontespizio della Rinascita Aurea di Hinricus Madathanus.



L'ex libris di Sauniere (a sinistra) e "La rinascita aurea" di Madathanus (a destra)

Si dice che Sauniere vide quel simbolo su una traduzione in francese (fatta nel 1895 da Pietro Bornia) di uno studio dell'abate Cancellieri sulla Porta Alchemica del 1806. Ma ci troveremmo davanti ad un'incongruenza: sul frontone della porta non ci sono né cherubini né la sigla B.S. , mentre entrambi gli elementi sono chiaramente presenti nel frontespizio della "Rinascita dell'età aurea" di Madathanus - Mynsicht, un testo ermetico di forte valenza Rosicruciana edito nel 1618.



Il medaglione sulla Porta Magica (a sinistra) e la stampa sul frontespizio del libro (a destra)

Perché il parroco decise di utilizzare questo simbolo per farsene un ex libris?

Innanzitutto bisogna dare per scontato che esso sia stato scelto davvero da Sauniere, mentre nulla ci impedisce di pensare che quel sigillo sia stato inserito fra le sue cose solo dopo la sua morte. Partendo comunque dal primo indimostrabile presupposto, la risposta più semplice è che Berenger Sauniere lo avesse adottato per "simpatia". Quel disegno riportava già le iniziali del suo nome: BS... un acronimo bello e pronto. Ma su quelle due lettere, BS, ritorneremo più avanti.

Un'analisi più accurata può però portarci ad un'altra ipotesi: un indicatore geografico, una specie di bussola o, se volete, una mappa del tesoro. Il centro di un cerchio esercita per forza un fascino particolare: l’abate Boudet, a pagina 246 della sua Vraie Langue Celtique scrive: “il centro di Rennes-les-Bains si trova nel luogo che fu chiamato, dagli stessi Galli, il Cerchio”.

Se si effettua una traslazione, una sovrapposizione del solo simbolo geometrico del Madathanus sul profilo geografico della Francia il "centro del centro, il "bersaglio", va ad insistere proprio sulla zona sud pirenaica (l'Aude). Certo, non si può essere troppo precisi : è sufficiente spostare un pò l’esalpha ed il luogo indicato potrebbe essere Carcassonne, o Albi, o Aurillac nella brumosa Alvernia, la città di Gilberto, Silvestro II, il Papa dell’anno Mille.

Comunque, il tutto sembra suggerire: "...il centro è qui... è qui che devi cercare..."



Sovrapposizione del Madathanus al profilo della Francia. I due "punti" indicano Parigi e Carcassonne.

Ancora più preciso, questo "meccanismo" trova un'analogia sorprendente con la copertina del romanzo "Circuit" che appare come figura n. 2 fuori testo al "Santo Graal" di Baigent & Co. Il filo centrale della lama corrisponde al meridiano di Parigi e la piccola croce visibile sull'elsa del gladio punta su Carcassonne nell'Aude.



La copertina del romanzo "Circuit"

Lo stesso stemma di Rennes è, oggettivamente, una Stella di Davide.

Recita un vecchio adagio che qualsiasi cosa può accadere una volta per caso; se si ripete può essere una coincidenza, se succede ancora rischia di diventare un'abitudine... ma anche i proverbi lasciano il tempo che trovano: un esagramma perfetto può essere inscritto anche su Roma, all'interno del tracciato che le Mura Aureliane disegnano per delimitare i confini dell'antica Urbe. E il "centro del centro" cade nella conca di Porta Capena (formata da tre colli, il Palatino, l'Aventino e il Celio) proprio dove oggi sorge la Stele di Axum, eufemisticamente "portata" dalla città santa d'Etiopia a Roma nel 1937… Anche chi è in buona fede può vedervi un palese rimando delineato dal Caso per indicarci l’Arca dell’Alleanza.



L’antico perimetro di Roma formato dalle Mura Aureliane (a sinistra) e la stele di Axum (a destra)

Ma ritorniamo alla sigla "BS". Quelle due lettere sono Oro per le mie orecchie! Oltre a Berenger Sauniere cosa possono indicare? Boudet-Sauniere, i due curati? Beli-Sane, la Bianca Signora? Blue-Sang, la Stirpe del Re? Bes Sheta, il geroglifo egizio dalla forma di pesce che rappresenta il silenzio iniziatico? Mah... Fra le molteplici ipotesi che un’immaginazione malata può partorire, ne presento un paio abbastanza assurde da risultare sufficientemente "suggestive".



Un particolare dell'acquasantiera nella chiesa di Rennes

La prima è l'Atbash. L'uomo ha sempre cercato di codificare alcuni messaggi per renderli comprensibili solo a chi fosse autorizzato a leggerli. Dalla Scitala Lacedemone ai Cifrari a Sostituzione, a quelli Alfabetici, Omofonici e Nomenclatori, dalla Tavola di Vigenère al Metodo Kasiski (che riuscì a crakkarla) , alle diverse varianti più o meno deboli del Codice Vigenère (Tritemio, Gonsfeld, Beaufort, Porta), dai Cifrari in autochiave alla Griglia di Mattia Sandorf, dal Principio di permutazione Kerckoffs alla Sequenza Zimmermann, per finire alla famosa “Enigma” tedesca della seconda guerra mondiale.

Come il Codice di Cesare e la Scitala persiana, l'Atbash ebraico era un cifrario a sostituzione. In una versione semplificata si scrive l'intero alfabeto da destra a sinistra poi, nella riga inferiore, lo si riscrive da sinistra a destra. La riga in alto comprende le lettere del messaggio in chiaro, che dovranno essere sostituite con quelle della riga in basso nel messaggio cifrato.

Così l' Aleph (il bue) diventa Taw (il giogo) e Beth (la casa) diventa Shin (il dente). ATaBaSh, AT-BS.

E che ci facciamo con l'atbash? Questo ce lo suggerisce la scritta di 22 lettere ai piedi degli angeli sull'acquasantiera della chiesetta di Rennes: Par ce signe tu le vaincras - Per questo segno tu lo vincerai - Con questo codice potrai decifrarlo.

Decifrare cosa? Mah... Questa storia pullula di pergamene, registri, lettere, incisioni, libretti, opuscoli e lapidi. C'è solo l'imbarazzo della scelta. Chi ha molta pazienza può iniziare dal Madathanus!



Un ATBASH tracciato dall'autore

La seconda ipotesi ci rimanda ad una chiave alchemica, dove la "B" rappresenta l'acqua forte e la "S" il terzo grado del fuoco. Le salamandre sull'acquasantiera sembrerebbero confermarlo, schiacciate come sono fra l'acqua benedetta e il fuoco del terribile Asmodeo. I grifoni sul pulpito (simboleggianti la terra e l' aria) completerebbero il tetragono degli elementi.



L'alfabeto alchemico in un codice (a sinistra) e l’Angelo di San Giovanni Nepomuceno (a destra)

In fondo l'Esalpha è un simbolo celeste, e in ebraico il cielo è detto Shamayim, ossia 'Esh (fuoco) e Mayim (acqua), proprio quello che i due triangoli in quella posizione rappresentano nella simbologia degli Elementi.



Cristo come Anthropos, circondato dai quattro elementi (a sinistra) e la "Salamandra" di S. Luigi dei Francesi



A sinistra, l'arte come unione dei contrari (Acqua - Fuoco) e a destra, lo Splendor Lucis del Magisterium Ermeticum

Questa alchemica può sembrare una pista debole ma almeno mi permette di ritornare, prima di chiudere, alla mia Porta. Sul piano superiore del Gradino Magico c'è scritto: SI SEDES NON IS, se siedi non vai. Una porta è fatta per essere attraversata. Chiunque avesse varcato quella soglia e si fosse rigirato a guardarla vi avrebbe letto SI NON SEDES IS, se non resti vai. Poi avrebbe alzato gli occhi e osservato con stupore l'altro lato della Porta, con l'architrave e i pilastri decorati con differenti simboli ma frasi quasi uguali e allora avrebbe trovato la chiave.

Il Tempo ha murato la Porta. Da molto nessuno la attraversa più.



Due foto della porta magica scattate una ventina di anni fa, quando fu asportato il segno di Venere.

Cos'alto dire? Vorrei consigliare di visitare la Porta di notte, quando vibra dei riflessi del plenilunio, ma dovreste essere dei temerari. Dopo il tramonto quella zona non è più salubre e anche di giorno la situazione non cambia poi molto. I luoghi intorno sono irriconoscibili ed i marmi sono solo una copia, anche se fatti ad arte. Eppure la sensazione di magia, in quell'angolo, è rimasta.



Due disegni della Porta Magica

La Porta Ermetica... la Porta Alchemica... la Porta Magica... pochi la capiscono. Qualcuno ne scrive, molti la conoscono, tanti la ignorano. Talvolta mi capita di passare da quelle parti. Le getto un breve sguardo e me ne vado. Preferisco osservarla in una vecchia foto o in qualche stampa dell’ottocento o riviverla nei miei ricordi d’infanzia.

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