Guida storica all’enigma di Rennes-le-Château

Ipotesi sulla Rhedæ visigota

Alle precise considerazioni di Christian Raynaud, senza dubbio il più autorevole archeologo che ad oggi si sia occupato di Rennes-le-Château, bisogna accostare quelle che invece costituiscono la versione più nota al vasto pubblico, dovuta all’enorme influenza che ha avuto il testo “Rhedæ” di Louis Fédié (1815-1899). Fu lui, infatti, a colmare – non sembre con rigore – il “vuoto” archeologico dell’epoca visigota; il testo citato era stato presentato in occasione del Congrès des Sociétés savantes a Parigi nell’aprile 1877 ed era stato incluso in un un volume dedicato alla storia del Razès, Le Comté de Razès et le diocèse d’Alet1.

Fédié aderì all’ipotesi secondo cui l’antica Rennes-le-Château era diventata la capitale di un’area chiamata Rhedesium. Esiste in effetti un documento che fa riferimento ad una diocesi della Settimania chiamata Pagus Rhedensis2, ma non ci sono evidenze archeologiche o documentali che consentano di identificare l’antico villaggio con la capitale Rhedae. Scrive l’autore francese:

[Guillaume] Besse, uno storico [del XVII sec.] a cui ricorriamo sovente, è propenso a credere che, durante il VI secolo, i vescovi di Carcassonne, cacciati dalla loro sede dagli Ariani, stabilirono la loro residenza provvisoria a Rhedae. Questi elementi attestano, in epoca anteriore al VII secolo, non soltanto l’esistenza ma anche l’importanza della capitale del Rhedesium. Ci resta da scoprire quale era la sua posizione geografica e l’epoca in cui fu fondata. Nessuno storico ha fornito indicazioni sull’origine, l’importanza e il ruolo storico della città di Rhedae. La sua nascita è talmente misteriosa che sembra aver scoraggiato cronisti e archeologi3.

L’ipotesi di Guillaume Besse, però, non aveva alcun fondamento: nel VI secolo Carcassonne era ancora un semplice castrum e non ospitava ancora una sede vescovile. Nonostante ciò, diversi autori hanno ipotizzato che sarebbero state le persecuzioni del re visigoto Leovigildo tra il 582 e il 586 contro i vescovi della Settimania a costringere il vescovo di Carcassonne a rifugiarsi a Rhedae e a farvi innalzare un primo edificio a carattere religioso. Ciò consentiva di formulare un’ipotesi affascinante: un vescovo in fuga avrebbe, infatti, portato con sé le reliquie più preziose della diocesi e – secondo le regole votive tradizionali – le avrebbe poi messe al sicuro in una cripta costruita proprio a tal fine; le “chiese reliquiarie” erano in effetti molto diffuse in Linguadoca4.

Ha però ragione Fédié nell’affermare che nessuno storico ha mai identificato con certezza l’ipotetica capitale del Rhedesium; è lui il primo a proporre un’ipotesi, dedicando il suo lungo studio al villaggio che ritiene aver identificato con la capitale in questione: l’antica Rennes-le-Château.

Nonostante l’archeologia non sia mai giunta ad identificare con certezza la capitale del Rhedesium, la maggior parte degli studi dedicati a Rennes-le-Château dà per scontata l’identificazione della stessa con il villaggio; ciò è dovuto in gran parte all’influenza del testo di Fédié, a lungo considerato il più autorevole in materia. I primi a contestare apertamente la debolezza delle conclusioni di Fédié furono Brigitte Lescure5 nel 1978 e Jean Fourié6 nel 1984 – ma il primo testo divulgativo a riportare i dubbi sull’identificazione di Rhedae sarà pubblicato soltanto nel 20027.

Secondo Fourié

Non possediamo alcun elemento per determinare quale aspetto avesse Rennes al tempo dei Visigoti. Un semplice oppidum, una fotezza militare a difesa della frontiera franca, un villaggio di carri, la capitale di una provincia, un seggio vescovile… […] Senza pretendere di metter fine alle tante ipotesi e alle belle teorie degli uni e degli altri, siamo convinti che un problema del genere non verrà mai pienamente risolto, a meno di trovarsi di fronte ad un’ipotetico sensazionale ritrovamento archeologico8.

Tenendo ben presente la distinzione tra l’ipotetica capitale del Rhedesium (mai identificata con certezza) e l’antico villaggio di Rennes-le-Château, è interessante approfondire lo scenario ipotizzato da Louis Fédié, proprio per la profonda influenza che avrà su gran parte degli autori del XX secolo; nel farlo bisogna tenere in considerazione che l’autore non sempre cita le fonti da cui ha tratto le sue informazioni, e ancor meno fonda le sue ricostruzioni su precisi ritrovamenti archeologici.

Lo scrittore aderisce all’ipotesi secondo cui il nome “Rhedae” deriverebbe da “carro”. Originariamente il villaggio sarebbe stato un semplice accampamento costituito da carri da viaggio:

case su ruote, disposte a distanze regolari, divenute dimore fisse in punti prestabiliti, e formanti un oppidum di legno, cuoio e tela, circondato da trincee. È la città ai suoi inizi, un’immensa arnia alla quale ogni abitante ha portato il suo alveolo. […] I carri dei Visigoti erano trainati da bufali. Avevano quattro ruote piene e molto basse e potevano passare su ogni terreno. Erano delle vere e proprie case su ruote, fatte di legno, cuoio e vimini. […] Per attraversare i fiumi, così come per risalire o seguire la corrente, i Visigoti si servivano di imbarcazioni fatte con un’intelaiatura di canne o di vimini ricoperte di cuoio e che potevano essere trasportate a spalla9.

Il percorso che i Visigoti avrebbero seguito per insediarsi nell’area intorno alla collina di Rennes-le-Château occupa l’intero secondo paragrafo del testo di Fédié, purtroppo privo di riferimenti a precisi riscontri archeologici. E’ invece precisa (e suggestiva) la descrizione che fa nel terzo paragrafo dell’area in cui i Visigoti si insediarono:

Si arriva ben presto in una grande pianura sabbiosa, coperta di bossi e brughiere che, dal villaggio di Bezu, si sviluppa su una superficie immensa e termina, verso ovest, dopo un percorso di otto dieci chilometri, ai piedi dello sperone su cui sorge il villaggio di Rennes-le-Château. Qui, il terreno si stringe tra due colline, una a sud completamente brulla, l’altra a nord dove sorge il villaggio. Questo terreno pianeggiante è solcato da un ruscello che scorre da est verso ovest. Questo ruscello, alimentato da una sorgente a portata intermittente, è quasi asciutto durante l’estate ma, in inverno, mette in movimento un mulino. È in questo luogo che sorse l’accampamento visigoto, embrione di una potente città10.

Nonostante l’autore scriva che “Le prove abbondano nell’indicare esattamente il posto”11 in cui sorgeva la cittadella, le prime citate sembrano far riferimento a periodi precedenti l’ipotetico insediamento visigoto:

Due anni fa, un abitante del villaggio di Rennes-le-Château, durante i lavori di scavo per la costruzione di un muro, scoprì una larga lastra di pietra che, una volta sollevata, portò alla luce una miriade di ossa umane. Era un ammasso di frammenti di scheletri delimitato sui quattro lati da larghe lastre di pietra. La profondità di questo ossario non poté essere verificata, poiché ci si affrettò a rimettere al loro posto la pietra che ne ricopriva l’orifizio […]. Il luogo dove avvenne questa scoperta si chiama, in dialetto, La Capello, la cappella. Quindi in quel punto c’era un edificio religioso e un luogo di sepoltura, entrambi risalenti a tempi antichissimi12.

I reperti che, invece, costituirebbero la prova dell’insediamento visigoto sono alcune tombe dalla struttura simile:

Constatiamo la recente scoperta in un luogo detto Roquefumade, in prossimità di Rennes-le-Château, di numerose tombe isolate o raggruppate in fondo ad una valle e aventi tutte la stessa forma della sepoltura scoperta nel luogo detto La Capello, cioè composte da grandi lastre di pietra grezza giustapposte, e le cui pareti e il coperchio formavano un’imitazione delle tombe merovinge13.

Spiega Fédié che l’erezione delle tombe merovinge presenti nel nord e nel centro della Francia risale ad un’epoca che corrisponderebbe all’insediamento dei Visigoti nel Narbonese.

Purtroppo di tali tombe si è perduta traccia, e le uniche necropoli note nell’area (e su citate) non mostrano affatto i tratti dei sepolcri visigoti. L’ipotesi più probabile è che, sebbene l’intero Narbonese si trovi all’epoca sotto la dominazione Visigota, l’alta valle dell’Aude (comprendente l’antica Rennes-le-Château) abbia mantenuto le strutture consolidate in epoca gallo-romana senza subire un’eccessiva influenza architettonica da parte dei nuovi dominatori. Scrive con lucidità Fédié, a proposito del ruolo dell’oppidum di Rennes-le-Château:

Nei primi anni di esistenza, fu sicuramente poco importante poiché durante il corso del V secolo i Visigoti, padroni di Tolosa, che era divenuta la loro capitale, avevano esteso le loro conquiste fino al Rodano e alla Loira. Quale ruolo poteva quindi avere un oppidum situato in una regione che nessun nemico minacciava? Come presidio militare non era di grande utilità. Come agglomerato urbano era lungi dall’offrire le comodità di Carcassonne e di Narbonne, poco distanti. Fu forse, in questa prima fase di esistenza, soltanto un vasto insediamento metà accampamento, metà città, protetto da uno di quei sistemi primitivi di difesa fatti di terra e di assi piantate a mo’ di piloni14.

Le principali tensioni erano, piuttosto, interne – e dovute a questioni religiose. L’area aveva iniziato il processo di conversione al cristianesimo dal IV secolo, e il territorio sarebbe stato suddiviso con il tempo in sette diocesi (Tolouse, Narbonne, Béziers, Agde, Nîmes, Lodève e Uzès), amministrate dalle autorità ecclesiastiche che accentravano gran parte delle funzioni religiose e civili. Gli occupanti visigoti erano, invece, cristiani di confessione ariana: dal momento che l’arianesimo era ritenuta una corrente eretica dai cattolici, questo rendeva difficili i rapporti della locale popolazione gallo-romana con gli occupanti.

Pur mantenendo alcune usanze romane, tra cui il Codice Teodosiano (438), integrato dal Breviario Alariciano (506) che era stato compilato sotto il controllo di Alarico II (486-507), i Visigoti si trovavano a governare una terra di tradizione cattolica. La tensione si aggraverà tra la fine del V secolo e l’inizio del VI, quando i Franchi cattolici, guidati da Clodoveo (466-511), si spingeranno verso sud incontrando il favore delle popolazioni locali; è in questo periodo che il vecchio borgo di Rennes-le-Château acquisterà maggior importanza strategica:

Posto su un’altura che domina la riva destra del corso superiore dell’Aude e la valle della Sals che rappresenta la strada principale delle Corbières, questo oppidum acquisì, immediatamente, una grande importanza come guardiano delle marche e delle frontiere. I Visigoti ne fecero allora uno dei loro più importanti presidi militari. Nel 563, in seguito alle guerre politiche e alle lotte religiose provocate dall’eresia dei Sabelliani, re Hilpéric, dopo aver spossessato due dei suoi fratelli, divenne il padrone di un vasto territorio che aveva come frontiere il corso dell’Aude dai Pirenei fino a Carcassonne, poi la Montagna Nera e le Cévennes, e infine una linea che, partendo dalle Cévennes, raggiungeva il Mediterraneo in un punto vicino a Port d’Agde, che era sotto il controllo dei Visigoti. La provincia della Settimania si trovò molto ridimensionata dalla conquista del re franco. È dunque evidente che, durante il corso del VI secolo, la Settimania era delimitata ad ovest dal fiume Atax e, di conseguenza, i capi visigoti dovettero approntare un sistema di difesa sulla riva destra del fiume. Rhedæ divenne perciò un’importante città. Fu circondata di bastioni e dotata di due roccaforti. Fu uno dei baluardi della provincia e divenne il centro della regione, il capoluogo di una diocesi che portò il suo nome e che si chiamò Rhedesium”15.

Se è verosimile l’importanza strategica del luogo, dovuta alla posizione geografica, è del tutto ipotetica la dettagliata ricostruzione architettonica offerta da Fédié. Solo alcuni degli elementi da lui citati trovano riscontro archeologico e documentario. La presenza di due roccaforti distinte è confermata da diverse fonti storiche16: una si trovava a nord ed era protetta da una fortezza le cui pareti delimitavano l’intero nucleo abitato odierno; l’altra si trovava a circa cinquecento metri a sud della prima, costruita su uno sperone di marna rossa noto ancora oggi con il nome di Le Casteillas.

Seppure nessuno dei resti di queste due fortificazioni mostri caratteristiche tipiche dell’architettura visigota, Fédié offre una ricostruzione ipotetica dell’area – ammettendo esplicitamente che si tratta di una ricostruzione fatta “col pensiero”. Seppur non fondata su riscontri precisi, si tratta di una descrizione talmente suggestiva da meritare una lettura attenta. Essa copre l’intero paragrafo V del testo “Rhedae”:

La città si sviluppava su una superficie comparabile a quella della città di Carcassonne all’interno della cinta delle mura. Era anch’essa circondata da una doppia cinta muraria. Ad ovest terminava in un precipizio che ne rendeva l’accesso impossibile. Sul lato nord era collegata da un forte pendio ad una fortezza che occupava la superficie dell’attuale villaggio, e che si chiamava Castrum Rhedarium o Castrum de Rhedæ. Il lato est, il solo accessibile, fronteggiava una pianura immensa che si estendeva a perdita d’occhio e di cui la maggior parte forma ancora oggi una landa selvaggia coperta di bossi e brughiere. Una seconda fortezza, di cui non restano tracce, sorgeva sul lato sud, ad una distanza di cinquecento metri circa dai bastioni. Questa fortezza era costruita su uno sperone di marna rossa che ha un nome significativo. Questo sperone che domina la pianura circostante si chiama le Casteillas, termine dialettale che significa grande castello. Era separato dalla città da un profondo taglio del terreno che formava un grande fossato irregolare, nel quale si potevano convogliare le acque del ruscello che attraversa la pianura da est a ovest17.

Se queste descrizioni possono essere verificate sul terreno, riferendosi a vestigia ancora esistenti al giorno d’oggi, altre sono più curiose perché citano costruzioni di cui si è persa ogni memoria materiale e documentaria: è il caso delle due chiese della cittadella, che sarebbero state dedicate l’una alla Santa Vergine, l’altra a San Giovanni Battista.

Solo della prima è rimasta evidenza documentale: un testo del 1185 parla di un “territorium Beate Maria de Reddis”, un atto del 1246 di “Beata Maria de Reddas” ed uno del 1255 di “Sancta Maria de Reddis”18; è forse ad uno di questi documenti che faceva riferimento (senza nominarli) Louis Fédié. Totalmente oscura, invece, è l’origine della seconda chiesa – quella di San Giovanni Battista; non è sopravvissuto nessun documento che ne parla, né l’autore francese offre alcun riferimento bibliografico utile per verificarne la credibilità: è possibile che lo studioso riferisse una tradizione locale. Ciò sembrerebbe confermato da ciò che Fédié scrive subito dopo: “una leggenda locale vuole che a Rhedæ ci fossero quattordici banchi di macelleria”19; il dato – proveniente appunto da “una leggenda locale” – consentirebbe un calcolo approssimato della popolazione civile e militare stanziata all’interno delle mura. L’autore cita un’altra leggenda quando riferisce dell’esistenza di “un convento di monaci […] dotato di un sistema difensivo […] vicino all’entrata della città, sul lato est”20. Il riferimento è esplicitamente “leggendario”, non essendo sopravvissuto alcunché di questo convento, e bisogna interpretarlo avendo ben chiara la struttura della cittadella ipotizzata da Fédié: la sommità della collina su cui oggi sorge Rennes-le-Château, infatti, coinciderebbe soltanto con la roccaforte a nord della cittadella; questa, infatti, nella sua interezza si sarebbe estesa a sud fino allo sperone roccioso di le Casteillas.

Quando l’autore parla di un “lato est” si riferisce ad un punto difficilmente identificabile, perché non più delimitato da alcun muro né necessariamente localizzabile sulla sommità della collina.

La descrizione della roccaforte a nord è la più semplice, trattandosi dell’area abitata ancora oggi, le cui mura sono ancora parzialmente visibili:

Il Castrum di Rhedæ, la roccaforte situata a nord della città, occupava tutta la piana sulla quale è costruito l’attuale villaggio che peraltro comprende grandi spazi verdi che rappresentano i due terzi della superficie del pianoro. Né il tempo, né la mano degli uomini hanno cambiato la forma di questa massa rocciosa che, tagliata e modellata in forma di tronco di cono, domina la pianura su tutti i lati. La base rocciosa che sosteneva i muri di cinta ha resistito all’azione dei secoli, e la regolarità della sua struttura prova che lavori diretti da uomini competenti sono venuti in aiuto alla natura nel rendere queste rocce lo zoccolo di una doppia cinta muraria. Gli antichi bastioni sono scomparsi, i fossati riempiti, ma si vede intatta questa colossale cornice di marna rocciosa che disegna l’ovale perfetto delle fortificazioni. La roccaforte aveva due entrate, una ad est che dava sulla campagna, l’altra a sud che la metteva in diretto contatto con la città attraverso un forte pendio21.

Fédié è ancora costretto a far riferimento alla tradizione locale per ricostruire il nome dei quartieri che avrebbero costituito la roccaforte settentrionale; secondo l’autore

era divisa in tre quartieri che esistono tuttora nell’attuale villaggio e che portano gli stessi nomi tradotti in dialetto. Il primo chiamato Castrum valens, sul lato est, si chiama oggi Castel de balent. Il secondo, situato a sud, si chiamava Castrum Salassum, oggi la Salasso. Infine, il terzo designato col nome di Capella, si chiama la Capello. Il primo quartiere, chiamato Castrum valens, traeva il nome da una porta fortificata situata all’entrata della roccaforte sul lato est, cioè sul lato più esposto agli attacchi nemici, poiché fronteggiava la pianura. Visitando i luoghi, è facile ritrovare le tracce della fortezza del Castrum valens22.

Della porta non sono rimaste che poche tracce, appena visibili sopra le rocce a destra della strada che immette in paese subito dopo l’insegna “Rennes-le-Château”.

Resti del Castrum Valens all’ingresso del paese

Prosegue Fédié:

Quella che oggi chiamiamo la Salasso è una spianata, un’aia per la trebbiatura del grano, una piattaforma che comunica sul lato sud, tramite una scarpata ripidissima, con la pianura dove era costruita la città. Raschiando il terreno a la Salasso si trovano strati di muratura che indicano che in quel punto esisteva un’altra fortezza – la cui presenza è confermata da una leggenda locale – che metteva in comunicazione la città con la roccaforte. Questa leggenda aggiunge che dopo la distruzione della città, la roccaforte, che era ben difesa, sopravvisse diversi secoli, e che la fortezza della Salasso, adibita a polveriera, si incendiò durante un assedio ed esplose causando la distruzione di un intero quartiere e di una parte dei bastioni. Infine, si possono notare nel terzo quartiere chiamato la Capello le vestigia di un’antica chiesa23.

Le poche tracce di quest’antica chiesa (curiosamente Fédié non la identifica né con quella della Vergine, né con quella dedicata a Giovanni Battista) potrebbero essere visibili in un piccolo capanno al centro del paese, in rue Saint Pierre; qui, alcune pietre ben tagliate presentano un frammento di arco in cui molti autori hanno riconosciuto una decorazione compatibile con un’antichissimo edificio religioso.

Possibili resti della vecchia chiesa citata da Fédié

Fédié cita ancora “una sorgente sotterranea [che] forma una cisterna naturale ed è alimentata da una falda inesauribile posta sotto i bastioni del lato nord”24: in effetti di recente la cisterna – oggi ai piedi della Tour Magdala – è stata utilizzata per l’approvvigionamento dell’acqua.

Data la scarsità di informazioni disponibili, Fédié offre una descrizione molto più sommaria della roccaforte meridionale:

Per quanto riguarda la seconda fortezza che sorgeva sullo sperone che porta il nome di Casteillas, la leggenda non ha tramandato nulla. Sappiamo soltanto che al momento della distruzione di Rhedæ, il nemico si impossessò prima di Casteillas e, da questo punto elevato, diresse i suoi attacchi sulla città25.

Di questo fatto, però, l’autore non fornisce indicazioni utili a verificarne l’attendibilità. Non risalgono certamente a questo periodo i reperti ritrovati sullo sperone nel 1980: oltre alcune colonne spiccava il frontone di un portale su cui compariva la data del 1870 (qualcuno pensò addirittura ad una burla, dal momento che i reperti erano di uno stile del tutto incoerente con l’ambiente circostante)26.

Resti sullo sperone Le Casteillas

Chi da tempo sostiene con forza l’ipotesi di Fédié, proponendo una descrizione dell’ipotetica Rhedæ visigota ancora più ricca di dettagli, è Jean Alain Sipra.

Analizzando una fotografia aerea, nel 1986 Sipra ha identificato quelli che sembravano i resti sul terreno di un enorme mausoleo di forma ellittica ai piedi della roccaforte nord della cittadella. A questo ritrovamento ha dedicato un lungo studio dal titolo La cité du chariot – Rennes-le-Château aux sources du mythe de l’or.

A sinistra: la fotografia IGN del 1980 – Al centro: ricostruzione del mausoleo – A destra: la collocazione del mausoleo rispetto all’attuale villaggio.

Nello scenario proposto da Sipra, il mausoleo presenta un orientamento est-ovest, e questo rivelerebbe una chiara origine simbolico-religiosa dell’edificio, che si collocherebbe lungo lo stesso asse della maggior parte delle chiese. Nella parte orientale, custodisce almeno quattro tombe, mentre la parte occidentale presenta un piccolo abside. Dopo aver citato monumenti di dimensioni comparabili (tra cui il mausoleo di Teodorico a Ravenna) l’autore sostiene che una struttura del genere sarebbe coerente con altri edifici commemorativi o religiosi sorti in Gallia nei primi secoli della nostra era. Le sue dimensioni gli avrebbero fatto concludere che si trattasse di un edificio di natura “regale”.

Nel testo il ricercatore fornisce una mappa (fin troppo) dettagliata della cittadella, che si sarebbe sviluppata intorno al mausoleo – ma di dimensioni ridotte rispetto al nucleo descritto da Fédié: lo sperone le Casteillas risulta, infatti, esterno al centro abitato proposto da Sipra, che invece si sviluppa lungo tutto il vallone a sud-ovest dell’attuale villaggio. I resti delle due torri ancora oggi visibili sarebbero state costruite sui resti di antichi mulini a vento, e il mausoleo si troverebbe allineato agli stessi mulini.

L’autore è costretto a ricostruire questo scenario basandosi su pochi frammenti di mura e facendo continue ipotesi sul modo in cui la falesia può essere stata utilizzata a difesa naturale del luogo. Il risultato è un centro abitato di 42 ettari; ciò può stupire se paragonato a quello di Carcassonne, stimato a soli 8 ettari. E’ proprio basandosi su queste misure che l’autore giunge ad ipotizzare un numero di abitanti vicino a quel 30 mila più volte citato negli studi su Rennes-le-Château: conclude, infatti, Jean Alain Sipra che la cittadella poteva contare dai 22500 ai 35000 abitanti.

Come Fédié, l’autore si spinge a fare qualche congettura sull’aspetto urbano dell’insediamento: accanto al mausoleo si sarebbe trovato un edificio a pianta rettangolare, che proprio per la sua collocazione poteva trattarsi di un’aula regia, un locale presso cui si svolgevano decisioni di governo.

E’ più solida l’ipotesi che una grossa via attraversasse la cittadella da est a ovest: ancora oggi una strada percorre l’area in quella direzione. Pur non essendoci traccia di vie del genere, Sipra ritiene molto probabile che una seconda via collegasse la parte alta della cittadella con il mausoleo.

Lo stesso autore chiama Talweg una grande conca ad ovest dell’attuale villaggio, il cui lato a nord-est presenta tracce di muratura: ciò lo porta ad ipotizzare che si tratti dei resti di un bacino artificiale dotato di una diga di terra (che si intravede sul lato sud) alimentato da un corso d’acqua, bacino che fungeva da enorme serbatoio a cielo aperto.

Se tutte queste ipotesi possono essere suggestive, devono comunque essere prese cum grano salis, dal momento che – pur trascorso più di un secolo dallo studio di Louis Fédié – non sono ancora emersi ritrovamenti degni di nota a sostegno dello scenario di Sipra. E lo stesso autore ammette i limiti delle sue ipotesi sin dalle prime pagine:

Seppure quest’opera si basi su materiale di natura storica, non può essere definita un’opera prettamente storica. E’ più che altro un tentativo di ricostruire uno scenario molto antico, per il quale ha giocato un ruolo essenziale, specie in alcune parti, una certa dose di immaginazione27.

E’ da evidenziare, ad esempio, il fatto che non ci sia alcuna traccia sul terreno del presunto mausoleo ellittico, neppure sulle più recenti fotografie aeree della zona.

Fotografia aerea della stessa zona su cui Sipra aveva individuato un mausoleo: non ce n’è più traccia.

In un secondo studio pubblicato nel 199228 Sipra concentra la sua attenzione sull’abside della chiesa di Santa Maddalena a Rennes-le-Château. La sua struttura rivelerebbe caratteristiche insolite: confrontando le sue proporzioni con quelle di altre chiese di epoca visigota, sembrerebbe il risultato di una serie di successivi adattamenti di un edificio visigoto allo stile romanico. In particolare l’asimmetria dell’abside farebbe pensare che in origine presentasse un aspetto “a ferro di cavallo” tipico dell’architettura visigota.

1. Louis Fédié, Le Comté de Razès et le diocèse d’Alet, 1880 (primo capitolo riprodotto in Louis Fédié, Rhedae: la Cité des Chariots, Rennes-le-Château: Terre de Rhedae, 1994 ora nella traduzione italiana di Roberto Gramolini in Indagini su Rennes-le-Château 13 (2007), pp. 631-647).
2. Si tratta di un atto conservato nel Cartulario del Capcir citato in Fédié 1880.
3. Paragrafo I in Fédié 1880.
4. L’ipotesi è formulata in Guillaume Besse, Histoire des antiquités et comtes de Carcassonne, A. Estradier, Béziers 1645 cit. in Louis Alban Buzairies, Notice historique sur les châteaux de l’arrondissement de Limoux, 1867 (ora nell’edizione C. Lacour, Nimes 1999), p. 5, ed è criticata in Jean Fourié, L’Histoire de Rennes-le-Château antérieure à 1789, Esperaza: Editions Jean Bardou, 1984, p. 42. L’ipotesi della cripta reliquiaria è di Paul Saussez, Au tombeau des seigneurs (su CDRom), ArkEos, 2004, slide 9.
5. Brigitte Lescure, Recherches archéologiques à Rennes-le-Château du VIII° au XVI° siècles, Mémoire de maitrise d’histoire de l’art, Université de Toulouse Le Mirail, 1978.
6. Fourié 1984.
7. Jean-Jacques Bedu, Rennes-le-Château, autopsie d’un mythe, Loubatières, Portet-sur-Garonne 2002, pp. 21-23.
8. Fourié 1984, pp. 43-44.
9. Paragrafo I in Fédié 1880.
10. Paragrafo III in Fédié 1880.
11. Ibidem.
12. Paragrafo IV in Fédié 1880.
13. Ibidem.
14. Paragrafo IV in Fédié 1880.
15. Ibidem.
16. Due documenti in particolare fanno riferimento ad una seconda fortificazione; si tratta di due atti, uno del 1067 e uno del 1084, citati in Claude De Vic, Joseph Vaissète, Histoire Générale de Languedoc, (10 volumi) 1715 (ora nell’edizione C. Lacour, Nimes 2000), pp. 544 e 589.
17. Paragrafo V in Fédié 1880.
18. Archives Départementales de la Haute-Garonne cit. in Pierre Jarnac, Histoire du Trésor de Rennes-le-Château, Bélisane, Nizza 1985, nota a p. 60.
19. Paragrafo V in Fédié 1880.
20. Ibidem.
21. Paragrafo V in Fédié 1880.
22. Ibidem.
23. Paragrafo V in Fédié 1880.
24. Ibidem.
25. Paragrafo V in Fédié 1880.
26. 28 agosto 1980.
27. Jean Alain Sipra, La citè du chariot - Rennes-le-Château aux sources du mythe de l’or, Toulouse: Ed. Privat, 1986, p. 10.
28. Jean Alain Sipra, L’architecture insolite de l’église de Rennes-le-Château, Rennes-le-Château: Edition Association Terre de Rhedae, 1992 (trad. italiana “L’architettura insolita della chiesa di Rennes-le-Château - Contributo allo studio delle origini della città di Rhedae” in Indagini su Rennes-le-Château 13, 2007, p. 611-21.).

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25. I restauri più urgenti e le due ispezioni

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40. La visita di monsignor Billard (1889)

41. La vecchia zia e la famiglia Dénarnaud (1889)

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43. Lo stratagemma degli scavi (1891)

44. La Madonna di Lourdes (1891)

45. Il pellegrinaggio a Puivert (1891)

46. La scoperta del sepolcro (1891)

47. Il secret di Saunière e il secret di Cros

48. La morte di Boulanger e i primi lavori nel cimitero (1891)

49. Il nuovo pulpito (1891)

50. Il bassorilievo all’ingresso della chiesa (1891)

51. La grotta di Lourdes (1891-1892)

52. Gli screzi con Alexandrine Marre Dénarnaud (1892)

53. I viaggi e le lettere prefirmate (1892)

54. La vendita delle messe (1892)

55. Il confessionale e la leggenda di Ignace Paris (1893)

56. L’inizio del traffico di messe (1893-1894)

57. I lavori nel giardino (1894)

58. I lavori nel cimitero (1895)

59. L’incendio nel giorno della Festa Nazionale (1895)

60. La contabilità del gennaio 1896

61. I lavori nel presbiterio (1896)

62. Il contratto con Giscard di Toulouse (1896)

63. I lavori nella chiesa e sulla piazzetta (1897)

64. Le decorazioni della chiesa (1897)

65. Il bassorilievo "Venez tous à moi" (1897)

66. Il demone e l’acquasantiera (1897)

67. La Via Crucis (1897)

68. Il fonte battesimale (1897)

69. Le statue e il GRAAL (1897)

70. La visita del vescovo Billard (1897)

71. Il calvario (1897)

72. La stanzetta segreta (1897)

73. Gli ultimi acquisti (1897-1898)

74. Un resoconto delle spese (1885-1898)

75. I conflitti con la famiglia (1897)

76. I viaggi a Lione e i presunti interessi per la fotografia (1897)

77. Il Personnat rifiutato (1899)

78. La concessione perpetua nel cimitero (1900)

79. Il grande progetto di Saunière

80. I lavori di costruzione (1899-1906)

81. La Tour Magdala

82. Villa Bethania

83. Il gruppo di lavoro

84. Un resoconto delle spese

85. I richiami di monsignor Billard (1901)

86. L’andamento economico

87. I richiami di monsignor Beuvain de Beauséjour (1903-1904)

88. La morte di Alfred Saunière (1905)

89. La legge di separazione tra Stato e Chiesa (1905)

90. La prima visita della S.E.S.A. (1905)

91. La lettera di Mathilde (1906)

92. Il primo testamento (1906)

93. Altri lavori di decorazione (1906-1908)

94. La seconda visita della S.E.S.A. (1908)

95. Il trasferimento a Coustouge e le dimissioni (1909)

96. La prima convocazione dal Vescovo (1909)

97. La nomina di don Marty e la violazione del divieto (1909)

98. Le due citazioni in tribunale (1910)

99. La condanna in contumacia e l’annullamento (1910)

100. Il questionario (1910)

101. Il memoriale (1910)

102. Il testo di difesa (1910)

103. La condanna (1910)

104. I tentativi di ricorso (1910-1911)

105. Il resoconto contabile (1911)

106. L’analisi della Commissione Saglio (1911)

107. La richiesta di chiarimenti (1911)

108. La relazione della Commissione Saglio (1911)

109. La sentenza definitiva (1911)

110. L’ultimo testamento (1912)

111. Richieste di prestito e spese varie (1913)

112. Lo strano chiosco (1914)

113. La Prima Guerra Mondiale (1915)

114. La morte di Saunière (1917)

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