Guida storica all’enigma di Rennes-le-Château

Fondazione della cappella di Santa Maria

Sotto il controllo franco, Rhedae divenne una città comitale. Il primo conte del Razès si chiamava Guillaume de Razès. Per un caso di omonimia, qualche autore l’ha erroneamente identificato con Guglielmo di Gellone (755-812), conte di Toulouse dal 790, figlio di un certo Teodorico. Aggiungendo errore ad errore, il padre di Guglielmo di Gellone viene identificato con Teodorico IV (713-737), figlio di Dagoberto III, della dinastia Merovingia1.

Fu dunque Guillaume de Razès, intorno al 778, ad insediarsi per primo nel castello di Rhedae.

Guglielmo di Gellone viene ricordato, invece, per la fondazione nell’804 di un monastero benedettino intitolato a Saint-Guilhem-le-Désert, a pochi chilometri da Montpellier, dove si ritirerà in vita monastica fino alla sua morte. È probabilmente in questi anni che sulle fondamenta della piccola cripta reliquiaria annessa alla fortezza principale di Rhedae viene eretta una piccola cappella funeraria riservata ai conti, dedicata a Santa Maria2 e decorata con ornamenti uguali a quelli che si trovano a St. Guilhem-le-Désert. Fu l’archeologa Brigitte Lescure ad accorgersi dell’identica fattura delle vestigia ritrovate a Rennes-le-Château, di evidente fattura carolingia, e di quelle ancora visibili nel monastero fondato da Guglielmo di Gellone.

A proposito di uno dei due pilastri3 che erano stati posti a sostegno dell’altare, attualmente custodito presso il Museo del paese, la studiosa scrive:

Proviene da un laboratorio la cui attività risale alla fine dell’VIII sec. […] Nel rosone nord della chiesa di St. Guilhem-le-Désert, un supporto della placca del coro presenta esattamente la stessa decorazione ad intreccio. […] Nell’804, Guglielmo eresse il suo monastero presso Aniane con degli artigiani che si era portato appresso. Forse lo stesso gruppo di scultori è all’origine dei due pezzi"4.

Confronto tra la placca di St. Guilhem-le-Désert (a sinistra) e le incisioni sul pilastro di Rennes (al centro) in un disegno di Alain Feral e in una fotografia (a destra).

Le sue dimensioni sono di 75 x 39 x 40 cm e mostra sulla faccia principale l’incisione di una croce patente decorata da alcune gemme e da motivi floreali stilizzati. Nella parte alta del disegno sono rappresentate l’alfa e l’omega, simboli dell’infinito cristiano. Sulle due facce laterali compare il motivo geometrico che consentì alla Lescure di datare il pezzo. Pilastri molto simili sono conservati presso il Museo lapidario Lamourguier di Narbonne, nella chiesa di Saint Mames a Boutenac e nella chiesa di Saint Étienne d’Oupia5.

Confronto tra l’incisione sul pilastro di Saint Étienne d’Oupia (a sinistra) e quella sul pilastro di Rennes (a destra). Disegno di Alain Fèral.

Il piano dell’altare era fissato al pilastro per mezzo di un giunto di piombo o di ferro conficcato in una piccola mortasa incisa nell’estremità superiore della colonna stessa, delle dimensioni di 11 x 14 x 7 cm.

Il pilastro decorato conservato nel museo del paese

L’altare principale era costituito da una lastra in muratura di 210 x 60 cm6, sorretta nella parte anteriore da due vecchi pilastri, l’uno dalla superficie liscia, l’altro scolpito con le decorazioni a intreccio citate dalla Lescure.

Aspetto e planimetria dell’edificio religioso che sarebbe diventato l’attuale chiesa di Santa Maddalena (Ricostruzione)

L’edificio era costituito esclusivamente dall’abside e da un breve tratto dell’attuale navata7, separati da un muro. Alla parete era fissata la parte posteriore della lastra dell’altare; la stanzetta rappresentata dall’abside veniva utilizzata come sacrestia. Il museo del paese custodisce ancora uno dei due fonti battesimali in cui l’archeologa riconobbe una

decorazione caratteristica delle bande longobarde […] che conferma l’appartenenza di queste fonti battesimali e la chiesa per la quale furono create all’arte romanica primitiva [XI sec.] […] Altezza 43 cm., diametro 75 cm8.

Il fonte battesimale custodito presso il museo del paese

In assenza di documenti ufficiali attestanti la fondazione della cappella annessa al castello, si può ritenere più che verosimile la data del 798 proposta dalla Lescure9.

L’architetto Paul Saussez conferma la stima della Lescure, avendo individuato nella struttura della chiesa i tratti caratteristici dell’arte romanica meridionale primitiva10: l’abside arrotondata, decorata da arcate e bande "longobarde", finestre a tutto sesto, pietre tagliate a martello e grandi giunture a malta.

La contea passò per vari decenni di padre in figlio: Guillaume de Razès (778), Béra I (796), Argila (840) e Béra II (845)11. Quest’ultimo si macchiò di fellonia e fu destituito da Carlo il Calvo (823-877).

Un atto dell’870 testimonia lo smembramento della contea a vantaggio dei conti di Carcassonne12; tale divisione segnò l’inizio del definitivo declino della centralità di Rhedae.

1. Una semplice verifica delle date di nascita e morte dei due rivela l’assurdità di questa ipotesi. Si tratta di un errore tendenzioso, perché mirato a collegare la stirpe Merovingia con la contea del Razès; l’ipotesi, riportata come "fatto", verrà ripresa nel corso del XX secolo proprio per questa "funzionalità" (ad esempio in Michael Baigent, Richard Leigh, Henry Lincoln, Il Santo Graal, Mondadori, Milano 1982, p. 422).
2. Louis Fédié, Le Comté de Razès et le diocèse d’Alet, 1880 (primo capitolo riprodotto in Louis Fédié, Rhedae: la Cité des Chariots, Rennes-le-Château: Terre de Rhedae, 1994 ora nella traduzione italiana di Roberto Gramolini in Indagini su Rennes-le-Château 13 (2007), pp. 631-647), p. 32.
3. Una scheda completa sul pilastro si trova in René Descadeillas, Mythologie du Trésor de Rennes, Editions Collot, 1974 (1991), pp. 131-132.
4. Cit. in Paul Saussez, Au tombeau des seigneurs (su CDRom), ArkEos, 2004, slide 45-46. Si veda anche G. J. Mot, "Les autels carolingiens de l’Aude", in Fédération historique du Languedoc Méditerranéen et du Roussillon, XXXe et XXXIe Congrès, Sète-Beaucaire (1956-1957).
5. Una foto del pilastro di Saint Étienne d’Oupia compare in "Un homologue de celui de Rennes-le-Château: le pilier d’Oupia", Pégase, n.3, maggio/agosto 2002, pp. 28-29, che riporta una pagina tratta da Giry, 2001, p. 246. Secondo don Giry, il pilastro di Saint Étienne presenterebbe un incavo a forma di parallelepipedo, realizzato per contenere delle reliquie. Pierre Jarnac cita ancora un pilastro dello stesso stile abbandonato nelle campagne a sud di Vendémies.
6. "Visite pastorale faite par Monseigneur Leuillieux dans la Paroisse de Rennes-le-Château", 1876, p. 6 (ora in Patrick Mensior, Parle-moi de Rennes-le-Château, 1 (marzo 2004), p. 41).
7. "L’abside della chiesa è molto antica, è forse la sola parte tuttora esistente del vecchio castello." (Antoine Fagès, "De Campagne-les-Bains à Rennes-le-Château", Bulletin de la Société d’Etudes Scientifique de l’Aude, Vol. 20, 1909, pp. 128-133).
8. Cit. in Saussez 2004, slide 45.
9. Brigitte Lescure, Recherches archéologiques à Rennes-le-Château du VIII° au XVI° siècles, Mémoire de maitrise d’histoire de l’art, Université de Toulouse Le Mirail, 1978 cit. in Saussez 2004, slide 9.
10. L’arte romanica meridionale primitiva sorse in concomitanza al periodo di grande slancio economico e culturale dell’epoca carolingia (752-987).
11. L’elenco dei conti che ressero il castello di Rhedae è riportato da Jean Alain Sipra in appendice all’edizione del 1994 di Fédié 1880, pp. 70-71.
12. Pierre Jarnac, Histoire du Trésor de Rennes-le-Château, Bélisane, Nizza 1985, p. 33.

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43. Lo stratagemma degli scavi (1891)

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49. Il nuovo pulpito (1891)

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52. Gli screzi con Alexandrine Marre Dénarnaud (1892)

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55. Il confessionale e la leggenda di Ignace Paris (1893)

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59. L’incendio nel giorno della Festa Nazionale (1895)

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61. I lavori nel presbiterio (1896)

62. Il contratto con Giscard di Toulouse (1896)

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64. Le decorazioni della chiesa (1897)

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